I greci siracusani costruirono edifici maestosi e mura di difesa attorno alla città consentendo alla allora Ankon di respingere l’invasione dei Galli Senoni. Nonostante la città fosse fortificata non riuscì a respingere le legioni romane, che nel 276 a.C. conquistano la regione diventando nel 100 a.C. la sede naturale dei commerci con l’est. L’imperatore romano Traiano fortificò la città e ne ampliò il porto, a sue spese ed ancora oggi si può osservare nell’area portuale l’arco di Traiano. La statua equestre, in bronzo dorato, dell’imperatore era collocata sulla sommità dell’arco con a destra, quella della moglie e a sinistra, quella della sorella ma nel 848 furono bottino di guerra dei Saraceni. Ancona affacciata sull’adriatico e con un porto strategico assieme a Senigallia, Fano, Pesaro e Rimini faceva parte della Pentapoli marittima. Successivamente per un breve periodo fu dominata dai Longobardi e nel 774 la città passò allo Stato Pontificio e con l’istituzione del Sacro Romano Impero, la città fu posta a capo della Marca di Ancona che, dopo aver assorbito Camerino e Fermo, raggiunse l’estensione di quasi tutta l’odierna regione Marche. Ancona divenne libero comune e repubblica marinara alla fine del XII secolo scontrandosi sia con il Sacro Romano Impero, che tentò ripetutamente di ristabilire il suo effettivo potere, sia con Venezia, che non accettava nell’Adriatico la concorrenza di un’altra città marinara.
La citta respinse nel 1167 il Barbarossa e poi fu sconfitta dai soldati di Federico II. Il governo pontificio cercò in tutti i modi di riappropriarsi del territorio anconetano costringendola a pagare una tassa annua nel 1223. Ancona fu devastata da una pestilenza e poi da un incendio, cadde nelle mani dei Malatesta e poi nuovamente in quelle della chiesa e poi accettò un alleanza con gli Sforza.
Il Re di Napoli, Cesare Borgia e Giovanni dalle Bande Nere mostrarono interesse per Ancona che mantenne la sua indipendenza fino al 20 settembre 1532, giorno in cui fu venduta al cardinale di Ravenna monsignore Benedetto Accolti per 19.000 ducati d’oro. L’Accolti la tiranneggiò e decimò la nobiltà anconetana con la complicità del Papa.
Nel 1942 con la scoperta dell’America e la caduta di Costantinopoli in mano turca, gli interessi commerciali si spostarono dal Mediterraneo all’Atlantico e per le città marinare italiane iniziò una recessione che durò per tutto il Seicento.
Fu papa Clemente XII a sollevare l’economia anconetana e nel 1732 concesse il porto franco alla città. In questo periodo sorse ad ancona l’Arco Clementino che doveva portare sulla sua sommità la statua di Papa Clemente XII collocata successivamente nell’attuale Piazza del Plebiscito.
Nel 1797 Napoleone occupò la città e proclamò la Repubblica Anconetana, che nel 1798 fu annessa alla “prima” Repubblica Romana. Dopo la caduta di Napoleone, la città tornò a far parte dello Stato Pontificio ma il dominio francese lasciò nella città idee rivoluzionarie di libertà che alimentarono la diffusione della Carboneria.
Ancona era ormai pronta per liberarsi definitivamente del dominio della chiesa e partecipò ai moti del 1831 1833 che furono repressi con processi e condanne a morte, poi nella Prima guerra d’indipendenza, nel 1849 si dichiarò libera dal dominio pontificio e appartenente alla “seconda” Repubblica Romana.
Il Papa chiamò gli Austriaci per riprendere il possesso delle sue terre e la città per settimane resistette all’assedio così eroicamente da ottenere la medaglia d’oro al valor militare. Gli Austriaci furono sconfitti dall’esercito sardo a Castelfidardo.
Il 29 settembre 1860 le truppe dei generali Cialdini e Fanti entrarono vittoriose in città e nello stesso anno Ancona con le Marche e Umbria entrò a far parte del Regno d’Italia.
Ancona conservò il suo spirito battagliero e assunse subito un ruolo militare di spicco nella difensiva del giovane regno: momenti salienti di ribalta nazionale furono la Settimana Rossa nel 1914 e durante il biennio rosso, la Rivolta dei Bersaglieri nel 1920.
Nel ventennio fascista la citta di Ancona ebbe un notevole sviluppo urbanistico ne è testimonianza il monumento ai caduti realizzato dall’architetto anconetano Guigo Grilli inaugurato il 3 novembre del 1932.
Triste è la storia della città negli ultimi anni della seconda guerra mondiale perché a causa della sua importanza strategica, subì numerosi bombardamenti da parte delle forze alleate, che dovevano preparare il passaggio del fronte. Il 1° novembre 1943 in pochi minuti 2500 persone persero la vita durante un terribile bombardamento facendolo diventare uno dei giorni più tragici della storia anconetana. Ancona il 18 luglio 1944 fu liberata dai tedeschi.
Gli abitanti di Ancona nel dopoguerra riuscirono a ricostruire la città che lentamente tornò alla sua vita, il commercio marittimo, la pesca e la ripresa delle attività portuali assicurarono posti di lavoro ai cittadini. L’ingegneristica navale con il cantiere navale assicurò posti di lavoro a molti operai metalmeccanici che continuarono per generazioni a lavorare, come spesso usano dire gli anconetani: “al porto”.
Purtroppo nel dopo guerra tre calamità si abbatterono sulla città:
l’alluvione del 1959, il terremoto del 1972 e la frana nel 1982.
Era il 5 settembre del 1959 quando una violenta alluvione danneggio tutta la parte bassa della città colpendo i quartieri di paino San Lazzaro, Valle Miano e la stazione ferroviaria centrale provocando una decina di morti e ingenti danni alle attività commerciali ed abitazioni. Per scongiurare il ripetersi di una calamità simile venne costruito un grande collettore che scari le acque piovane direttamente in mare sotto il Monte Cardeto.
Il 25 gennaio del 1972 alle ore 21,00 inizia la grande avventura degli anconetani con “Terry” come veniva scherzosamente chiamato da tutti il terremoto. In quella sera una scossa del 7° grado della scala Mercalli sconvolse la notte di numerosi cittadini, iniziarono da alora il susseguirsi di numerose scosse telluriche che durarono per circa 11 mesi.
La scossa di intensità maggiore si ebbe alle ore 20,55 del 14 giugno, per 15 interminabili secondi la terra tremò per una scossa d intensità 10° scala Mercalli magnitudo 5,9. Numerosi palazzi, abitazioni ed aziende furono lesionati in modo più o meno grave e per parecchi mesi la popolazione visse in tendopoli improvvisate, vagoni ferroviari, le attività economiche subirono un grave danno e le autorità adottarono sussidi economici per le famiglie. Fortunatamente la città pagò solo un tributo economico in quanto non ci furono vittime dirette per il sisma. Gli edifici danneggiati furono restaurati secondo un piano di risanamento edilizio con criteri antisismici.
Dopo 10 anni, la città subì un altro grave danno, il 13 dicembre 1982 i quartieri di Posatora e di Palombella furono resi inagibili dalla frana che si abbattè sulla via Flaminia sottostante facendo letteralmente scomparire il quartiere Borghtto. La frana distrusse in una notte la ferrovia, la statale, danneggiò la rete idrica, elettrica e quella del gas lasciando tutta la citta senza acqua, gas e luce. Vennero danneggiati e resi inagibili due ospedali, una casa pensionato per anziani, la Facoltà di Medicina e il distaccamento della Polizia Stradale. Ora a Posatora sorge su questa grande area un nuovo parco che per la posizione strategica, a picco sul mare e sul golfo della città, prende il nome di Parco Belvedere. Di Maria Paola Cassarani (Conero Radio Team)
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